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NEWS Il canile nel carcere non si farà: il Comune di Terni perde tempo e i soldi gli vengono tolti



Un canile dentro al carcere di Sabbione per tenere impegnati i detenuti e favorire il loro reinserimento sociale e lavorativo. Ma anche per alleggerire la struttura comunale, da anni afflitta dal sovraffollamento di cani. 

«La casa di fido» era un progetto destinato a fare scuola a livello nazionale, forte della collaborazione tra dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, associazioni di volontariato, comune e azienda sanitaria locale. Ma a Sabbione il canile non ci sarà perché il progetto è rimasto per troppo tempo nel cassetto di qualche ufficio comunale. Impastoiato in un iter burocratico lunghissimo che ha spinto il ministero della Giustizia a riprendersi i soldi del consistente finanziamento stanziato per «La casa di fido».

I ritardi nel via libera all'ambizioso progetto esecutivo ma anche la crisi ecomomica hanno spinto il dicastero di via Arenula a risparmiare quei 445mila euro che dovevano servire per realizzare il canile all'interno del penitenziario ternano e ad usarli per ristrutturare le carceri. 

Il progetto presentato a giugno del 2007 era davvero ambizioso. Prevedeva dentro la casa circondariale una nuova struttura che avrebbe ospitato una cinquantina di animali provenienti dal canile di Colleluna. Oltre alla realizzazione di una struttura per l'accudimento e la cura dei cani, nel carcere di Sabbione era prevista anche la collocazione del canile sanitario per migliorare le condizioni di vita degli animali e la loro tutela sanitaria. Ai detenuti il compito di costruire l'edificio e le cinquanta gabbie, di accudire gli animali e di gestire la pensione stagionale per cani, che avrebbe costituito la parte economicamente produttiva per il parziale autosostentamento del progetto. 

L'obiettivo era quello di far compiere un'esperienza lavorativa spendibile poi anche nel mercato del lavoro, ma anche di sperimentare gli aspetti affettivi ed educativi legati al rapporto con gli animali nell'ottica della risocializzazione dei detenuti. Il progetto aveva anche una valenza più ampia perché sarebbe andato ad alleggerire il canile comunale di Colleluna e avrebbe consentito consistenti risparmi in un settore da anni al centro di tante polemiche. 

«Avevamo definito un percorso all'avanguardia che andava oltre quello che si può immaginare in un ambiente particolare come quello del carcere. L'impegno messo per realizzare un bellissimo progetto avrebbe meritato una conclusione più dignitosa» - dice l'ex direttore del carcere, Francesco Dell'Aira, che coordinò i lavori di quella che è rimasta solo un'idea. 

Un progetto che prevedeva anche un laghetto dotato di alghe particolari per depurare le acque reflue e piante frangisuono per abbattere il rumore prodotto dall'abbaiare dei cani. Ora si scopre che il canile nel carcere resta un sogno nel cassetto perché, dopo una lunga attesa di un progetto dimenticato negli uffici, il ministero ha deciso che ormai era troppo tardi. E che quegli oltre quattrocentomila euro li avrebbe utilizzati per mettere mano alla disastrata edilizia penitenziaria.

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